Bignasco - Grotti - Comune di Cevio

Bignasco – cantine, grotti e “giazzèra”

Coordinate
Latitudine:      46.34089
Longitudine:    8.60654
https://goo.gl/maps/Q9H9tvnnd1ug7cN39

La breve fascia pedemontana sul versante occidentale, presso l’imbocco del sentiero che conduce all’Alpe Cranzünell, custodisce un mondo ipogeo tanto discreto quanto importante nell’economia delle famiglie di Bignasco, soprattutto di quelle dedite all’agricoltura e all’allevamento. Si tratta di una decina di costruzioni sotto roccia, per la maggior parte cantine, di un grotto e di una “giazzèra” (ghiacciaia).

Le prime, costituite da un singolo vano scavato sotto un masso, presentano condizioni di temperatura e umidità disuguali, che ne hanno determinato una destinazione differenziata: alcune si prestavano bene alla conservazione e alla maturazione del formaggio prodotto sull’alpe, altre erano invece più appropriate alla conservazione, fino a primavera inoltrata, delle patate raccolte in autunno oppure del vinello spremuto dalle uve nostrane di cui a Bignasco e a Cavergno si trovano le ultime gambe. Alcune di queste cantine risalgono al XVIII secolo, come attestano le date incise sugli architravi.

Il grotto, di regola, si sviluppa anch’esso da una cantina sotterranea, alla quale viene giustapposta (o sovrapposta) una costruzione in duro con locali utilitari adibiti a scopi diversi (deposito, rimessa, stalla, tinaia) o a soggiorno. Quello di Bignasco è molto caratteristico: tinteggiato di rosso, da alcuni anni è stato trasformato in residenza secondaria, ma gli anziani del paese ricordano ancora quando nella prima metà del XX secolo, durante i fine settimana della stagione estiva, esso diventava una simpatica e apprezzata balera con mescita.

La “giazzèra”, oggi casa d’abitazione, è la costruzione più singolare di tutto il complesso perché, mentre cantine e grotti sfruttano le basse temperature naturalmente presenti nell’ambiente in cui si trovano, nella ghiacciaia di Bignasco, unica struttura del genere in tutta la valle, il freddo è generato in modo attivo dall’uomo. Si tratta di un vano che penetra a grande profondità nel terreno, una specie di pozzo di 70 mc di volume, con un rivestimento interno a secco, che veniva riempito di neve. A fianco dello stesso vi è una cantina (anch’essa sotto roccia), nella quale si riponevano i generi alimentari, soprattutto carne. Fino alla fine del XIX secolo infatti questa cella frigorifera “ante litteram” era parte integrante di una macelleria che comprendeva anche una stalla per la stabulazione degli animali, un essiccatoio, un locale per la lavorazione della carne e una latrina.

Tutti questi edifici, privati e parzialmente ancora in uso, non sono visitabili; si possono tuttavia osservare dall’esterno percorrendo i sentieri che li costeggiano sia a monte sia a valle.

(Flavio Zappa / Sonia Fornera)

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