Cavergno – Pradúi d’la Fula
Coordinate
Latitudine: 46.347513
Longitudine: 8.600312
https://goo.gl/maps/qcSZ3Npp2A2nMbrh7
All’uscita di Cavergno in direzione della Val Bavona la carrozzabile transita accanto ad alcuni giganteschi blocchi di pietra (pradói, nel dialetto locale, significa appunto macigni). Questi elementi ingombranti, di cui è disseminato il paesaggio valmaggese, sono stati spesso sfruttati per ricavarne rifugi, stalle o cantine.
Sotto il maggiore di questi monoliti è stato scavato un vano di dimensioni considerevoli, accessibile dal lato rivolto verso il fiume e attrezzato per ospitare una sessantina di capre. La parte che dà sulla strada, strapiombante, ripara una superficie che, chiusa da un muro a secco, era stata adibita alle riserve di fieno; la canaletta incisa lungo l’orlo del blocco raccoglieva e disperdeva l’acqua piovana, evitando così indesiderati stillicidi all’interno che avrebbero pregiudicato la qualità del foraggio.
Queste costruzioni sotto roccia, chiamate splüi (dal latino spelunca), sono estremamente frequenti in Valmaggia, dove ne sono state recensite oltre 1600! Esse testimoniano un’elevata capacità dei montanari di un tempo di interpretare il territorio e di volgere a loro favore, con discrezione e ingegno, tenacia e abilità, anche gli elementi apparentemente meno favorevoli.
Gli splüi lungo la strada per la Bavona sono già menzionati in una pergamena del 1420: essa reca un atto di locazione di un mulino e di una gualchiera per la battitura dei tessuti situati «in terratorio de Cavargno», in località detta «ad Spelugum Grosum versus Valem Baoni». Il toponimo Splüi Gröss ai Pradúi d’la Fula è ancora in uso al giorno d’oggi e fula, nel dialetto locale, indica proprio la gualchiera, cioè la macchina provvista di martelli di legno, sollevati da un albero a camme mosso da forza idraulica, che serviva alla battitura – follatura – dei panni, soprattutto di lana.
(Flavio Zappa)
